Pago quel che consumo: per i condomini alle porte l’obbligo della contabilizzazione del calore
Molti amministratori di condominio credono che il tempo non manchi, per uniformare gli impianti centralizzati di riscaldamento alla normativa europea. In realtà sarebbe bene affrettarsi, perché la scadenza del 31 dicembre 2016 è più vicina di quanto si potrebbe immaginare. Considerando, infatti, che i lavori vanno eseguiti nei mesi in cui le caldaie sono spente (occorre svuotare d’acqua l’intero impianto e smontare i caloriferi), restano solamente un paio d’estati per rispettare il termine.
Che cosa prevede la legge nazionale? Il decreto legislativo 102/2014 ha recepito la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica; tra le misure del provvedimento, troviamo la contabilizzazione individuale del calore, che tra meno di due anni dovrà interessare tutti gli edifici con più appartamenti serviti da un’unica centrale termica.
Stiamo parlando di un patrimonio edilizio ingente, costituito da quei palazzi con riscaldamento centralizzato, moltissimi dei quali costruiti prima degli anni ’80 con criteri lontanissimi dagli standard attuali di risparmio energetico (come la classica accoppiata caldaia a gasolio-termosifoni). Alla contabilizzazione dovrà affiancarsi la termoregolazione: si potrà così impostare autonomamente la temperatura desiderata in ogni locale, grazie alle valvole termostatiche.
L’obbligo scatterà dal primo gennaio 2017 per milioni di appartamenti in tutta Italia, con multe tra 500 e 2.500 euro a carico dei condomini inadempienti. Come ha spiegato l’Ing. Alfredo Marrocchelli, che lavora presso il Centro ricerche Casaccia dell’Enea, la maggior parte degli edifici esistenti, presumibilmente un 90-95% del totale, dovrà affidarsi alla contabilizzazione “indiretta”. È l’unica applicabile a quegli impianti che distribuiscono il calore con colonne montanti, ormai datati ma ancora assai diffusi nel nostro Paese.
La contabilizzazione indiretta
«Gli edifici realizzati trenta o più anni fa – afferma Marrocchelli – di solito hanno tubazioni verticali che servono diversi caloriferi situati su piani differenti, quindi è impossibile stabilire con un sistema di contabilizzazione diretta quanta energia sta consumando la famiglia che abita un determinato appartamento. Allora bisogna installare un dispositivo elettronico su ogni termosifone, un ripartitore di calore in grado di misurare, attraverso due sensori, sia la temperatura della superficie del calorifero che quella dell’aria nel locale. Questi valori permetteranno di calcolare l’energia termica complessivamente immessa da quel radiatore nella stanza; sommando i valori di tutti gli elementi presenti nei vari locali, si otterrà l’energia utilizzata dall’intero appartamento». Inoltre, con le valvole termostatiche si potrà controllare il calore di ciascun ambiente; ogni valvola regolerà il flusso d’acqua calda nel relativo termosifone, facendo così variare la temperatura media del radiatore e il conseguente consumo.
La logica del provvedimento europeo e nazionale è far pagare a ogni proprietario o inquilino l’energia effettivamente consumata nel suo appartamento, abbandonando la classica ripartizione delle spese per il riscaldamento secondo i millesimi di proprietà (più due aliquote per coprire, rispettivamente, i consumi dei locali comuni e le inevitabili perdite dell’impianto). Pago per ciò che volontariamente ho deciso di consumare, dunque, anche se i vantaggi della contabilizzazione individuale, presumibilmente, non saranno gli stessi per tutti gli abitanti di un medesimo palazzo. «Ci saranno sempre un risparmio e un maggiore benessere termico – dichiara Marrocchelli – anche se ovviamente con alcune differenze tra chi abita, per esempio, in un attico, rispetto a chi risiede nei piani intermedi, più facili e veloci da scaldare».
Costi e problemi
Stando alle stime fornite da Marrocchelli, il costo per adeguare ogni termosifone è nell’ordine di 80-100 euro, includendo il ripartitore, la valvola termostatica, la nuova valvola d’uscita e il nuovo sfiato dell’aria, cui aggiungere da due a quattro euro l’anno, per la lettura dei consumi reali di ogni ripartitore e il calcolo dei costi da addebitare ai vari appartamenti. Dopo una dozzina d’anni, che è la vita utile dei ripartitori e delle loro batterie, bisognerà sostituire questi dispositivi, con una spesa di circa 30 euro per ogni unità.
La lettura dei consumi oggi può essere fatta dai tecnici in remoto, sfruttando la trasmissione dei dati via radio dai moderni ripartitori, senza dover entrare nelle abitazioni per fare il giro di tutti i locali.
C’è tuttavia un punto dolente, perché di rado tutto fila liscio quando bisogna intervenire su impianti con vari decenni di vita alle spalle. «Purtroppo le normative spesso ignorano alcuni problemi pratici – precisa Marrocchelli – così frequenti nei sistemi a colonne montanti. Occorre innanzi tutto valutare lo stato delle tubazioni, se presentano sporcizia, incrostazioni di calcare o scaglie di ruggine». Adattare un vecchio impianto centralizzato non è uno scherzo, tra lavaggio delle tubazioni per liberarle dalle impurità, eventuale predisposizione di filtri, sostituzione della pompa con una più moderna a inverter a velocità variabile (indispensabile per regolare la pressione “a valle” dell’impianto, evitando guasti e rotture; altrimenti si possono inserire valvole di bypass).
Ecco perché il consiglio di Marrocchelli è prevedere non solo l’installazione dei ripartitori sui caloriferi, ma anche il cambio della caldaia con una a condensazione, sfruttando così la detrazione fiscale del 65% valida fino alla fine del 2015. Poi, dal 2016, si passerà a un vantaggio fiscale più esiguo (il 36%), salvo proroghe dell’ultima ora. Con un intervento combinato di questo tipo, il risparmio energetico per il riscaldamento, a livello di condominio, dovrebbe attestarsi sul 30-40% rispetto alla situazione di partenza, fermandosi al 15-20% con la sola contabilizzazione e termoregolazione.
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